martedì 1 maggio 2018

Patria

di Fernando Aramburu, Guanda

Romanzo corposo e di carattere, scritto con un registro semplice e veloce, con a tratti perfino inserti in lingua euskera (basca) e sporadici errori grammaticali nel discorso diretto usati appositamente per avvicinare al parlato. Tuttavia, a dispetto della forma volutamente semplificata e dell'esordio lento, una saga affascinante che racconta di come fedi, passioni e soprattutto condizionamenti sociali sbagliati possano portare al disastro non una, ma ben due famiglie prima inseparabili, poi avverse, poi disperse nella confusione emotiva dei protagonisti, tutti – anche se in misura diversa – vittime di un solo, unico, tragico avvenimento.

Periodo a cavallo tra gli anni '70 e '80. Amici di una vita, i maschi e le femmine delle famiglie di Joxian e Txato: inseparabili mariti, compagni di bicicletta e di partite di carte al bar del piccolo paesino vicino a San Sebàstian, nel cuore di un paese basco in cui imperversa un estremismo indipendentista tanto condiviso quanto circoscritto. Amiche inseparabili anche le mogli (Miren e Bittori) e amici i figli, maschi e femmine di età diverse. Un'amicizia che oltrepassa la diversa condizione sociale, ma che non riesce a superare lo scoglio della lotta armata: mentre il figlio maggiore di Miren e Joxian si avvicina sempre più al gruppo terrorista dell'ETA, dall'altro lato Txato si rifiuta di sottomettersi alle richieste taglieggiatrici degli estremisti, convinto che la sua anima indipendente e la sua storia familiare e personale lo mettano al riparo da qualsiasi accusa di simpatizzare per gli spagnoli. A partire dall'attentato che sancisce la definitiva separazione delle due famiglie,  partono la cronache dei singoli protagonisti, che vedranno le loro vite dissolversi negli anni in modi diversi, a causa di un avvenimento del quale, contrariamente a quanto ha fatto la Storia, per quanto si sforzino non riescono a liberarsi, a torto o a ragione.

Giudizio sintetico: Bifamiliare



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