lunedì 25 febbraio 2019

Le rughe del sorriso

di Carmine Abate, Mondadori

Un uomo che si innamora di una donna dal sorriso che strega, splendida migrante ospite del centro di accoglienza in cui lavora. Il confronto tra due realtà separate dal tempo, quella di chi è figlio degli emigranti di ieri in fuga dalla miseria e quella di chi migra oggi per sfuggire ad una miseria ancora più pericolosa, quella della guerra. Due mondi che si confrontano sullo sfondo di una Calabria che è stata sempre considerata un posto da cui sfuggire, almeno fino a che non ha dovuto confrontarsi con l'altra sponda del mare.

Antonio lavora in un centro di seconda accoglienza in cui tiene lezioni di Italiano ai migranti che hanno presentato domanda di asilo. Tra loro una splendida ragazza somala, Sahra, colta, bellissima e dal sorriso enigmatico, che da un giorno all'altro sparisce nel nulla. Ripercorrendone la storia, grazie alle confidenze della cognata – anche lei ospite del centro –, Antonio cerca di riavvolgere il filo della storia di Sahra e della sua famiglia allargata, per trovare un capo che gli permetta di ritrovarla.
Sahra diventa così la protagonista assente la cui storia racconta le mille facce del disastro somalo, dai coraggiosi tentativi di aiuto internazionale alle violenze della guerra civile, alla fuga disperata attraverso il deserto e all'incubo delle carceri libiche.
Romanzo corale linguisticamente eterogeneo, in cui Abate si muove con disinvoltura, spaziando agevolmente dal registro regionale alla lingua arrangiata e lessicalmente povera dei migranti, rendendo così trasparenti, nelle voci dei narranti, le emozioni e gli stereotipi di due mondi lontani che si confrontano duramente ma che non possono dimenticare di essere accomunati dalla stessa necessità di fuga, anche se a distanza di due generazioni.

Giudizio sintetico: Migrante

Segreto di famiglia

di Mikaela Bley, Newton Compton Editori

Un thriller di un'autrice svedese, ambientato in Svezia. Al centro della vicenda del romanzo un tema ricorrente della letteratura e della cinematografia nordica, il male all'interno delle pareti domestiche di cui sono spesso vittime innocenti i bambini. Un thriller che si legge facilmente, aspettando un finale ricco di suspence; le aspettative tuttavia restano in parte tradite.

Stoccolma, giorni nostri. In una giornata di pioggia battente, una bambina di 8 anni, Lycke, scompare. È una bambina malinconica, a scuola poco integrata nella sua classe, a casa poco amata dai familiari. La madre Helena, caduta in depressione dopo il parto, lasciata poi dal marito per un'altra donna, è poco affettuosa nei confronti della figlia, cui dedica ritagli di tempo. Il padre, Harald, è troppo assorbito dal lavoro, dalla nuova famiglia e dai propri hobby, come quello della caccia, per occuparsi veramente di Lycke. La matrigna, rosa dalla gelosia nei confronti del passato di Harald, sopporta a fatica la bambina nei momenti in cui è affidata al padre. Solo la tata di Lycke si accorge della solitudine dolorosa della bambina. Sul caso indaga  una giornalista televisiva, Hellen, molto coinvolta nella storia a causa di una vicenda personale vissuta durante l'infanzia, in qualche modo analoga al caso di Lycke.
Un thriller psicologico scorrevole, dotato di ritmo, ma un po' scontato e non privo di cliché nel delineare una società dura, individualistica, in cui chi è fragile spesso soccombe.

Giudizio sintetico: Gelido

Cara Napoli

di Lorenzo Marone, Feltrinelli

Un atto d'amore per la napoletanità, quel misto di malinconia, allegria, rassegnazione, capacità di arrangiarsi che da sempre rappresenta la nota distintiva più profonda degli abitanti del capoluogo campano. Una raccolta di articoli, i Granelli, che l'autore ha pubblicato sull'edizione napoletana di Repubblica e che confermano la sua grande sensibilità per i dettagli.

Piccole storie comuni, resoconti di fatti, avvenimenti, emozioni che confermano la capacità di Marone di trovare un senso e narrare una storia a partire dalle esperienze di ogni giorno. Chi conosce la città saprà riconoscere immediatamente lo spirito profondamente umano che anima gli articoli che compongono questo atto d'amore per Napoli, anzi, per i napoletani, la cui indole viene descritta con ironia, ma senza eccessi. Se De Crescenzo ha spinto sul colore macchiettistico e Saviano sulla cruda realtà degli ambienti disagiati delle periferie, Marone insiste sul carattere affabile, sullo spirito rassegnato e  malinconico di un popolo che riesce comunque e sempre a trovare una ragione per esprimere la propria ironia e la propria sensibilità d'animo anche nei momenti di difficoltà, complice la colonna sonora di una città che più viva non potrebbe essere.

Giudizio sintetico: Partenopeo

venerdì 22 febbraio 2019

Cuore, sopporta

di Francesca d'Aloia, Mondadori

Un romanzo che sviluppa temi universali quali l'amore, la felicità, il tradimento, il dolore. Le ferite della vita tanto più profonde quanto più giungono inattese da parte delle persone più care, quelle che si crede di conoscere e invece si rivelano del tutto diverse rispetto all'idea che ci si è fatta di loro. Argomenti universali, coinvolgenti in linea teorica, se non fossero trattati, come in questo caso, in modo scontato e poco approfondito.

La storia di Adele, una donna poco più che quarantenne, che si rifugia da sola nella villa di famiglia vicino al mare, in provincia di Grosseto, lasciando la casa di Roma in cui ha vissuto con Thomas, il suo grande amore,  per fuggire dal male che le è stato inferto. Da questa situazione iniziale si snoda un lungo flash back in cui si ripercorre la vita della donna a partire dai suoi 16 anni, momento della prima traumatica esperienza sessuale. I rapporti contraddittori con i genitori, quelli con la sorella minore Nina, bella, sfuggente e incapace di relazioni affettive. Poi l'incontro con l'amore, Thomas, il tradimento e la fuga. Nella solitudine della vita nella casa sul mare, pian piano nasce un nuovo sentimento, quello del perdono, che matura quando viene in visita da Adele un misterioso e miracoloso ragazzino. Personaggio enigmatico, forse la personificazione di una parte di sé, quella fiduciosa e pura dell'infanzia.
Un romanzo letto fino in fondo per una sorta di dovere personale nel portare a termine le letture iniziate. Prevedibili gli sviluppi della trama, poco sfaccettati i caratteri dei personaggi. Ben diversa la profondità dell'itinerario spirituale di Odisseo, a cui l'autrice fa riferimento nella citazione posta a conclusione del libro e anche nel titolo:" Sopporta,cuore..", Odissea (libro XXII).

Giudizio sintetico: Romanfiction

sabato 16 febbraio 2019

Leone

di Paola Mastrocola, Einaudi

Un romanzo particolare. La storia di un bambino di 6 anni, Leone, riporta il lettore al mondo dell'infanzia, allo sguardo ingenuo, fantasioso e fiducioso con cui i bambini guardano le cose, mantenendo la capacità di sperare, che spesso l'uomo adulto smarrisce. Leone è il bambino che nei momenti difficili o per aiutare qualcuno, si rivolge a Gesù come ad un amico e prega.

In un quartiere immaginario di una grande città – Bussolo – ai giorni nostri vive Leone con la madre, Katia, separata dal marito da quando Leone aveva 1 anno. Katia è una donna di 36 anni, commessa in un supermercato, che vive le difficoltà e i ritmi frenetici di una madre single, attenta al proprio figlio ma con poco tempo da dedicargli. Il padre incontra il bambino un giorno ogni 2 settimane, mangiano insieme un hamburger parlando pochissimo. D'altronde Leone avverte che il padre lo vorrebbe diverso, un "ometto", forte e spigliato, non così timido, indifeso e privo di capacità da leader nel gruppo dei coetanei. Leone ha avuto un rapporto speciale con la nonna materna che si occupava di lui durante le ore di lavoro della madre. Nonna Teresa gli ha insegnato tante cose, a giocare, a pregare, a fare l'esame di coscienza, ad andare in chiesa. Alcuni mesi prima dell'inizio della storia, la nonna è morta ma Leone non ha smesso di pregare, anzi, sentendosi solo, lo fa ancora più spesso, in qualunque luogo, tanto da essere scoperto anche da coloro che vivono intorno a lui. I genitori, all'oscuro dell'educazione cristiana impartita dalla nonna, sono scandalizzati e irritati, i compagni lo deridono e lo isolano. Alcuni invece col tempo iniziano a raccontargli le proprie difficoltà e a chiedergli di pregare per loro.

Idea originale quella alla base del romanzo, che presenta uno sguardo sul mondo di oggi segnato da individualismo e solitudine sempre più evidenti, in cui i genitori non trasmettono più valori spirituali ai propri figli e, nella crisi della famiglia, lasciano i bambini soli ad affrontare problemi troppo grandi. Nella conclusione, tuttavia, l'intreccio scivola su un piano magico e irrealistico diventando meno credibile e assumendo quasi una finalità didascalica.

Giudizio sintetico: Pascoliano

Tiro mancino

di Charles Willeford, Feltrinelli

Feltrinelli ripubblica in una nuova edizione uno dei titoli della quadrilogia noir dedicata a Hoke Moseley, probabilmente l'unico detective della storia del genere crime ad avere la dentiera, pur non essendo vecchio. Al di là della trama, a tratti anche banale, nello stile dello scrittore americano scomparso nel 1988 si fa notare il tratteggio anomalo dei personaggi, con connotazioni quasi infantili, sperduti in una Florida turistica che inizia a confrontarsi con una delinquenza nascente. Non a caso, questo autore è stato tra gli ispiratori di Tarantino per il suo Pulp fiction.

Florida, metà degli anni '80. Hoke Moseley è entrato in crisi e dopo un crollo psicologico devastante non vuole più far parte della polizia né occuparsi delle figlie, ma si ritira sull'isola su cui è nato per gestire un piccolo residence di famiglia. Alla sua depressione fa da contrappunto narrativo la nascita di una gang scalcagnata nella quale entra persino un tranquillo pensionato abbandonato dalla moglie a causa di un grave equivoco, ma che con il crimine non ha mai avuto a che fare. Sullo sfondo, una Florida con una vocazione turistica di buon livello ma che appare inadeguata a fronteggiare l'aggressività di una delinquenza nascente disordinata e violenta.

Giudizio sintetico: Soft pulp

martedì 12 febbraio 2019

Mio fratello

di Daniel Pennac, Feltrinelli

Un ricordo del fratello, cui era particolarmente affezionato l'autore francese, alternato al testo di un monologo teatrale che lo stesso Pennac ha portato in giro in diversi teatri in Francia e all'estero, basato su un'opera di Melville, Bartleby. Alternando i due brani nasce un veloce doppio racconto, brevissimo e non particolarmente brillante. 

L'autore ricorda il fratello scomparso da poco, cui era particolarmente affezionato, tracciandone non la storia ma il profilo caratteriale, alternando ogni episodio al testo di un monologo che lo stesso Pennac ha interpretato in teatro e tratto da un'opera di Melville, la storia di un individuo remissivo ma estremamente cocciuto (Bartleby, appunto) che riesce a mandare in crisi il serio notaio che lo ha assunto come copista. Nell'idea di Pennac una leggera similitudine dovrebbe accomunare i due percorsi narrativi del libro, ma la forzatura è evidente e si stenta a trovare tratti comuni tra le due parti, complice anche l'estrema brevità dei capitoli, in alcuni casi costituiti da brani di appena poche righe.

Giudizio sintetico: Contrappunto

martedì 5 febbraio 2019

Serotonina

di Michel Houellebecq, La nave di Teseo

Il rifiuto delle emozioni nel tentativo di allontanarsi dalla delusione e dall'insofferenza, complice una piccola pastiglia di un medicinale antidepressivo assunta in dosi anomale. Il benestante protagonista decide scientemente di intraprendere un percorso di rinuncia che comprende anche la sessualità, ripercorrendo tuttavia con la memoria gli amori e le esperienze più importanti della sua vita mentre attraversa una Francia disperata almeno quanto lui.

Florent-Claude è un solitario poco più che quarantenne, ben introdotto nella gestione agraria dei rapporti tra Francia e UE. Deluso da un lavoro remunerativo che però considera inutile, e dal rapporto con una donna giapponese allo stesso tempo arida e cinicamente disinibita, cerca di capire se gli è ancora possibile collocarsi socialmente e affettivamente in una realtà che non sente appartenergli più. La scoperta di una medicina in grado di spegnere l'ansia e di attenuare la disperazione, anche se a prezzo di una rinuncia inconcepibile in normali condizioni, lo spinge a ripercorrere la memoria della propria vita sessuale e affettiva mentre intraprende un viaggio di isolamento progressivo che ha molte analogie con la discesa smarrita di una Francia sperduta e depressa verso i conflitti – più che economici, estetico-sociali – che nella realtà storica sfoceranno, casualmente in contemporanea con la pubblicazione del libro, nelle rivolte dell'inizio del 2019 (ma che con il libro non hanno comunque quasi niente in comune).

Giudizio sintetico: Desistenziale

Qual è la via del vento

di Daniela Dawan, Edizioni e/o

Romanzo diviso in due parti, corrispondenti a due momenti fondamentali della vita della protagonista, Micol Cohen, ebrea di Tripoli. Il primo nucleo narrativo si svolge durante la Guerra dei sei giorni, quando Micol con la sua famiglia è costretta a fuggire dalla sua terra e a rifugiarsi a Roma, lasciando a Tripoli tutti i propri averi, gli affetti e i ricordi. La seconda parte della narrazione si sposta al 2004 quando Micol, divenuta avvocato, ritorna a Tripoli: fa parte di una delegazione di ebrei che il colonnello Gheddafi, preso il potere da anni in Libia, vuole incontrare. Un romanzo sulla nostalgia, sui drammi collettivi  della Storia, che diventano drammi individuali.

Micol è una timida bambina di nove anni su cui pesa il ricordo di una sorella maggiore Leah, morta prima della sua nascita, di cui la famiglia non vuole parlare. La Guerra dei sei giorni del 1967 sconvolge la sua vita: a Tripoli si scatena la violenza contro gli Ebrei, costringendo la famiglia Cohen, formata dalla bambina, dai genitori, Ruben e Virginia, e dai nonni materni a nascondersi prima  nella stessa capitale libica, poi a fuggire a Roma grazie all'aiuto di un amico arabo, membro del governo, che dà loro i visti per espatriare. Una soluzione necessaria ma dolorosa, quella di lasciare il proprio mondo affettivo e tutti i propri beni.
Nel 2004 Micol viene invitata da un gruppo di vecchi esuli ebrei a partecipare ad un viaggio a Tripoli per trattare con Gheddafi per un possibile risarcimento. Micol è ora un'avvocato, con una vita un po' solitaria, senza una relazione sentimentale. Rivedere la città natale, rivivere gli anni dell'infanzia, ripensare alla sorella morta. Quest'ultimo diventa il vero centro narrativo: scoprire i motivi di quella scomparsa e ricongiungersi con quella parte di sé che le permetterà di vivere pienamente.
Un romanzo caratterizzato da una prosa asciutta, con un racconto quasi cronachistico nella prima parte che diventa lirico nella parte finale, he si legge con interesse anche per il riferimento a fatti storici poco conosciuti.

Giudizio sintetico: Tripolino

Lo schiavo del manoscritto

di Amitav Gosh, Neri Pozza

Una lunghissima analisi storiografica intrecciata con l'esperienza mediorientale dello studioso che svolge la ricerca. Gosh abbandona il romanzo per intraprendere una lunga passeggiata, tra gli anni '80 e il XII secolo, all'inseguimento dei viaggi di un ricco mercante ebreo e del suo schiavo. Interessante dal punto di vista etnografico, soffre però della lentezza imposta dall'argomento trattato.

Un'area geografica e un periodo storico poco studiati in Europa fanno da sfondo alla ricerca di uno studioso (lo stesso Gosh) che insegue, basandosi su documenti raccolti in modo frammentario, le vicende di un mercante ebreo, Abraham Ben Yiju, e del suo misterioso schiavo, che dal delta del Nilo si spostarono sulla costa occidentale dell'India nel XII secolo. Il racconto alterna le esperienze di Gosh nei due piccoli villaggi che fanno da sfondo alla ricerca documentale – con il corollario di diffidenza e superstizione che contornano la miseria semplice e onesta degli abitanti – alle vicende confuse di Ben Yiju e dello schiavo, che si perdono nei mille rivoli di una storia basata su documenti frammentari e spesso  danneggiati o smarriti, in un'area geografica che delimita due estremità dell'Oceano Indiano. Ne esce un quadro a tratti interessante dal punto di vista storico, ma che soffre della mancanza di un filo conduttore univoco capace di mantenere intatto l'interesse del lettore per tutte le numerose pagine che costituiscono l'opera. Impressionante il numero delle note bibliografiche, che occupano ben 35 pagine.

Giudizio sintetico: Archivistico