giovedì 21 maggio 2020

L'isola dei fucili

di Amitav Gosh, Neri Pozza

Un racconto che tocca tanti temi e si sviluppa tra tre continenti, imperniato sulla natura degli uomini e del loro rapporto con il mito, sempre lo stesso a dispetto del passare dei secoli.
Con la precisione che lo contraddistingue, anche in questo caso l'autore bengalese non perde l'occasione per tenere una precisa lezione di storia in forma di romanzo, toccando questa volta non solo le Sundarban, già teatro di altre sue opere, ma arrivando anche a Venezia e affrontando temi di attualità come l'ambiente e l'immigrazione clandestina.

Calcutta (o Kolkata), giorni nostri. Deen è un attempato libraio-antiquario di buona cultura, che divide la sua vita tra Brooklin, dove abita, e la sua terra di origine, la zona bengalese dell'India dove spesso si reca per ragioni familiari e di lavoro. In una di queste occasioni, viene a sapere per caso di un tempio sepolto nella giungla e dedicato a una Dea dei Serpenti, protagonista di una leggenda popolare, che per vendicarsi di un mercante che rifiutava di esserle devoto lo ha perseguitato in tutti i modi, fino a che il poveretto non si è arreso e le ha costruito proprio quel tempio. Spinto dalla curiosità, Deen decide di visitare il tempio, senza sapere che questo lo porterà ad iniziare un viaggio nel mito bengalese e nella storia del XVII secolo, storia che lo costringerà – attraverso i ricordi della sua vita e di quelli di una studiosa veneziana illustre e sfortunata – a rivedere tutte le sue convinzioni sul rapporto tra mito e realtà.
Ambientato tra le Sundarban, Los Angeles e – soprattutto – Venezia, il racconto si sviluppa con la gentilezza di una lingua morbida che avviluppa il lettore con mille rivoli storici, mistici, naturalistici e di attualità, riuscendo a mettere insieme aspetti a prima vista lontanissimi tra loro.

Giudizio sintetico: Olistico

giovedì 14 maggio 2020

In movimento

di Oliver Sacks, Adelphi

L'autobiografia, scritta poco prima della morte, di un medico – neurologo – che pone la sua professione al centro della propria vita, con uno studio appassionato delle patologie soprattutto mentali, svolto in buona parte a contatto con i pazienti, con l'osservazione costante e attenta della condizione umana e soprattutto della malattia. Curiosità, entusiasmo, coraggio rendono Oliver Sacks protagonista di esperienze fuori dalla norma, proprie di chi cerca di spingersi sempre avanti e di vivere "in movimento".

Nato a Londra negli anni '30 da una famiglia di medici, Oliver è sempre stato appassionato di moto. Sulla copertina dell'autobiografia appare a 18 anni su una BMW R60, la prima moto non usata che avesse acquistato. Una passione, quella della moto, ereditata dal padre, un medico morto più che novantenne abituato fino alla fine a visitare i pazienti a domicilio perché, per capire la malattia, è utile vedere il contesto in cui il paziente vive. Omosessuale in un'epoca in cui in Inghilterra il comportamento omosessuale era considerato perverso, è accusato dalla madre di essere "abominevole". La donna arriva a dirgli che preferirebbe non fosse mai nato.
La sua esperienza di medico si arricchisce attraverso spostamenti da uno Stato ad un altro, e in diverse città. Gli Stati Uniti diventano la sua terra, quella in cui si spegne a New York.
Il libro percorre la vita personale, narrata in modo lucido e oggettivo, e quella professionale attraverso diversi esempi di casi clinici. È lui ad esempio il medico di Risvegli, esperienza che Sacks ha trattato nel libro omonimo, da cui è stato tratto un noto film. Negli anni '20 una pandemia di encefalite letargica aveva causato milioni di morti e i malati erano in condizione di "coscienza sospesa". La somministrazione di L-dopa (precursore della dopamina) utilizzata per i malati di Parkinson, aveva portato a "risvegli" dei pazienti.
Un'opera molto ampia, a volte di lettura non semplice per chi poco sa di neurologia, che tuttavia si legge con interesse soprattutto grazie alla figura del protagonista, intensa e vitale.

Giudizio sintetico: On the road

martedì 12 maggio 2020

Indagine non autorizzata

di Carlo Lucarelli, Mondadori

La libertà e l'indipendenza di un Viceinvestigatore della Polizia nella fase di maggiore pressione del periodo fascista. In questo, più che in altri libri dello stesso autore ambientati nel Ventennio, appare evidente la difficoltà di coniugare desiderio di verità e rispetto degli stringenti vincoli imposti dal regime, con un protagonista timido e impacciato ma sorprendentemente cocciuto, tanto da scontrarsi con poteri forti contro i quali non ha nessuna speranza di successo.

Rimini, 1936. Marino è un vicecommissario emotivamente instabile, che non ha fatto carriera perché cerca sempre di trovare la verità anche dove le ragioni pratiche gli suggerirebbero di lasciar stare le cose come stanno. Appena lasciato dalla moglie, stufa di condividere la propria esistenza con un uomo dedito al lavoro ma economicamente fermo al punto di partenza, viene chiamato a svolgere un'indagine su un cadavere ritrovato sulla spiaggia, quello di una prostituta nota per accompagnarsi ad un balordo, un piccolo delinquente che viene immediatamente indicato come l'autore del delitto. Un colpevole da arrestare subito, anche se la vicenda presenta molti punti oscuri, perché nelle immediate vicinanze del luogo del delitto sta trascorrendo le vacanze "Lui", il Duce, il cui riposo non può assolutamente essere turbato. Solo che Marino non è convinto, e inizia una personale indagine, non autorizzata – come recita il titolo – e che lo condurrà a scontrarsi con una strana famiglia di nobili e con diverse figure legate al regime: faccendieri, delinquenti, politici, pretoriani... Un romanzo imperniato sul condizionamento della dittatura sull'indagine poliziesca, con un protagonista che se non fosse per la timidezza e i condizionamenti politici potrebbe tranquillamente rappresentare l'alter-ego nazionale dei detective americani nati dalle penne di Hammett e Chandler, emblema della cocciutaggine dell'uomo che non riesce ad accettare le imposizioni ingiuste. 

Giudizio sintetico: Cocciuto

lunedì 11 maggio 2020

Non ti faccio niente

di Paola Barbato, Piemme


Quanto deve essere preoccupato un genitore, quanto controllo va esercitato sui figli per far sì che riescano ad emanciparsi pur rimanendo al sicuro? Su questo dilemma è costruita tutta la trama di questo strano noir, nel quale i moltissimi personaggi danno una serie di differenti interpretazioni della capacità di essere genitori responsabili. Un thriller teso che paga tuttavia il prezzo di voler declinare la vicenda in troppe derivazioni, costringendo spesso a ritornare sulle pagine già lette per non perdere il filo.

Anni '80. Un misterioso rapitore riesce ad eludere la sorveglianza di genitori distratti per rapire bambini di entrambi i sessi, attirandoli nella sua auto. Si direbbe un orco, se non fosse che quei bambini ricompaiono dopo alcuni giorni pieni di felicità, raccontando di attenzioni e cure che nulla hanno a che fare con la pedofilia, ma che anzi costringono i loro genitori a ripensare il proprio atteggiamento precedente. Una serie di rapimenti che si direbbe "a fin di bene", se non fosse che trent'anni dopo i rapimenti iniziano a ripetersi, proprio a danno dei figli di quei bambini, ormai diventati genitori a loro volta. Ma in questi nuovi episodi, i bambini non tornano felici e sorridenti, ma muoiono.
Un romanzo thriller corale, nel quale i numerosi protagonisti declinano in modo vario e articolato le caratteristiche contrapposte delle varie tipologie caratteriali umane.
La trama singolare e articolata si ferma tuttavia davanti all'eccessivo sviluppo delle varie facce dell'intreccio, facendo spesso perdere – almeno nella prima parte – il filo del racconto, anche se il libro rimane comunque interessante per l'argomento trattato e per i vari punti di vista che ne scaturiscono.

Giudizio sintetico: Cubista

mercoledì 6 maggio 2020

Tehran girl

di Mahsa Mohebali, Bompiani

In un Iran islamizzato, ma non troppo, una donna indipendente con una domanda in testa che la ossessiona (ma non troppo), si muove in un mondo maschile – ma non troppo – dribblando problemi, aspiranti mariti, parenti importuni e parenti persi, in una girandola di tempi, luoghi e rapporti sociali che lasciano il lettore spaesato e perplesso. Ma non troppo.

Elham è la segretaria di un potente uomo d'affari della Repubblica Islamica, un uomo che approfitta della disinvoltura e della bellezza della ragazza per affidarle molti incarichi, dal disbrigo delle pratiche all'attenzione per la sua vita privata. La giornata di Elham quindi si dipana tra mille rivoli di traffico, uffici, visite di lavoro, gestione della casa, una girandola in cui deve anche confrontarsi con un fratello eterno studente, una madre oppiomane, vicini di casa litigiosi e una strana serie di ex fidanzati che non vogliono andarsene da casa sua. In testa, una sola domanda: quando era bambina, nel periodo rivoluzionario, alcune foto cadute dal suo diario avevano scatenato una caccia all'uomo che aveva portato alla rovina della sua famiglia allargata, un nucleo comunista del quale oggi rimangono solo alcuni ruderi viventi. Chi aveva messo quelle foto nel diario di Elham? e perché? Una rivelazione del suo capo e un rapido viaggio in Svezia confondono ancora di più il mondo già sconclusionato di Elham, che deve riuscire a barcamenarsi tra le mille facce di una società iraniana che sembra ancor più caotica delle sue strade.
Moltissimi personaggi, salti diacronici al limite dell'incomprensibilità, un intreccio familiare complesso e una lingua dura e sintetica rendono il romanzo di non facile lettura, anche se alcuni dialoghi, la ricorrente cosmesi femminile e le singolari abitudini di guida potrebbero stuzzicare
la curiosità del lettore – almeno di quello occidentale – per una società a cavallo tra tradizione e modernità, in un contrasto di vincoli sociali obsoleti e desiderio di emancipazione del quale la protagonista è l'archetipo perfetto.

Giudizio sintetico: Confuso

sabato 2 maggio 2020

Follia maggiore

di Alessandro Robecchi, Sellerio

Romanzo malinconico e piacevole come il suo protagonista, quel Carlo Monterossi che Robecchi ha già fatto apprezzare nei suoi romanzi precedenti, con il contorno di personaggi e quartieri che dipingono senza sconti la Milano da bere del nuovo millennio. Questa volta ridotto soprattutto ad autista e factotum di un anziano contabile ricco e potente, Monterossi non perde comunque occasione per sottolineare in modo smaliziato la sua distanza – morale e intellettuale – da quel mondo che detesta ma dal quale sembra proprio non riuscire mai a staccarsi.

Un omicidio incomprensibile, una signora della borghesia uccisa da una brutta caduta dopo un'aggressione ad apparente scopo di rapina. Ghezzi e Carella, due investigatori della Mobile di Milano, iniziano a scavare nel passato della vittima per venire a capo di un delitto che presenta troppe incongruenze. Ma la notizia del delitto smuove qualcosa anche nel passato di Umberto Serrani, un facoltoso e anziano signore, ancora ben introdotto nel mondo della finanza border line, che ha passato la vita a mettere al riparo le fortune altrui e che con la vittima aveva avuto una tempestosa storia d'amore un quarto di secolo prima. Serrani, che ha avuto modo di conoscere Monterossi e il suo amico Oscar Falcone in circostanze particolari, decide di assumerli per capire qualcosa di più della vita e della morte della sua vecchia fiamma.
Con capitoli alternati tra Ghezzi-Carella e Monterossi-Falcone il libro srotola una trama articolata che vede nel rimpianto il motivo scatenante di tutte le vicende, e nel quale è la città meneghina, con le sue stranezze e la rosa delle sue possibilità, la vera protagonista. Come sempre, in sottofondo, la TV commerciale e un Bob Dylan profetico, al quale qui si affiancano arie liriche e una Cenerentola involontaria.

Giudizio sintetico: Nostalgico