di Pierluigi Battista, Mondadori
Chi, in un'età avanzata, non ha mai azzardato aprire un discorso con frasi del tipo:"Ai miei tempi sì che..." o simili? E non si è mai lasciato sedurre da incipit che, tracciando nette linee di demarcazione tra passato e presente, sono soprattutto espressione di rimpianti? Un'impresa difficile, piena di trabocchetti mentali, quella di cercare di capire il presente da parte di chi, in fondo, si sente estraneo al presente. Eppure un appuntamento inevitabile nella vita di tutti.
Un padre giornalista che vorrebbe capire il mondo della figlia venticinquenne, studentessa universitaria – Marta appunto –, prova a redigere una mappa delle differenze tra le abitudini di vita della sua generazione, quella nata negli anni '50, e quella dei giovani di oggi. Non solo un discorso sui massimi sistemi, quelli che rimandano alla fine dell'idea di progresso propria delle nuove generazioni, alla sparizione di Dio, alla sudditanza a tutto ciò che è naturale contrapposto ai prodotti artificiali dell'uomo, ma una più concreta mappatura degli oggetti e delle passioni caratterizzanti le due epoche. Non esistono più lo stradario, i dischi in vinile, le caramelle Charms, le radioline a transistor e molto altro appartenuto all'infanzia dell'autore, sostituiti dal navigatore, i Blue Ray, i telefoni cellulari e altre tecnologie diaboliche. Niente di male, il moderno sostituisce l'antico, rimpianto solo dai nostalgici.
Il libro, scritto con il linguaggio accattivante del buon giornalismo, mette in discussione alcuni luoghi comuni sui giovani d'oggi, ad esempio il fatto che non leggano più. Guardando la figlia e i suoi amici che in T-shirt, bermuda, cellulare in tasca, vanno in spiaggia, l'autore ci assicura che non è vero: ognuno di loro, infatti, tiene in mano un libro.
Può essere questo l'elemento di continuità tra le generazioni?
Nessun commento:
Posta un commento