di Gesuino Nemus, Elliot-LIT edizioni
Torna il microcosmo sardo di Televras, già teatro dell'esordio di Nemus con "La teologia del cinghiale", ma con protagonisti diversi. Questa volta il racconto è più complicato e si sviluppa con meno ironia e più suspence, incentrandosi sul discusso tema dell'unicità della Sardegna, peculiarità sbeffeggiata neanche troppo velatamente da un Nemus piuttosto sarcastico.Un omicidio "come tanti", ma realizzato in modo da lasciare troppo perplesso un capitano dei carabinieri di mezza età, lombardo di nascita ma che vuole vivere in Sardegna a tutti i costi, malgrado la piccola comunità teatro del delitto non sia per niente d'accordo. E poi un magistrato che teme spionaggio e consorte, un isolato scrittore reduce da un pellegrinaggio manicomiale di 40 anni, pastori indipendentisti e bambini che non piangono. Il singolare circo dialettale di un paese abbarbicato sui monti dell'Ogliastra in cui sembra che tutti si facciano i fatti loro ma nel quale in realtà succede ed è successo di tutto, tra servizi segreti (forse) criminali politici di grande rettitudine (sicuramente), pecore, sequestri e ladri di bestiame.
Si stenta ad individuare un vero protagonista in questo racconto complesso, a tratti caotico, spesso dialettale (ma sempre tradotto in italiano), organizzato sul doppio filo delle indagini del capitano e del diario dell'io narrante che, manco a dirlo, non ha mai pianto da bambino.
Nessun commento:
Posta un commento