di Gianni Biondillo, Guanda

Una barca al largo del lido di Ostia. L'ispettore Ferraro e la figlia adolescente con cui è in vacanza, salgono a bordo, trovano vestiti piegati e abbandonati e un biglietto: " Perdono tutti e a tutti chiedo perdono" E sotto: " Non fate troppi pettegolezzi". Sono le stesse parole lasciate da Cesare Pavese, lo scrittore morto suicida. Prendono avvio le indagini. Gli oggetti appartengono a Giovanni Tolusso, un uomo dall'esistenza solitaria, vissuto durante l'infanzia in Svizzera dove il padre si era trasferito per lavorare come operaio con il sogno di permettere al figlio una vita migliore della sua. Giovanni, dopo aver assecondato le aspettative paterne di diplomarsi geometra, ha seguito le proprie inclinazioni trasferendosi a Roma e diventando uno sceneggiatore di successo. Benessere finalmente raggiunto, coronato dall'acquisto di una bella casa grazie a un mutuo che,data la sua situazione economica, non desta preoccupazioni. Fino all'arrivo di una cartella esattoriale di Equitalia che esige una cifra esorbitante: prima stupore, poi disperazione in un uomo rispettoso e puntuale nell'assolvimento dei suoi impegni. Una situazione soffocante, da incubo considerando che la crisi economica del Paese ha inciso drasticamente sul suo lavoro riducendolo al minimo e che negli ultimi mesi addirittura non è stato pagato. Giovanni non ha la possibilità di chiedere aiuto a nessuno. Certo non alla moglie cieca né all'amico commercialista, responsabile della sua situazione fiscale.
Solo il suicidio è la soluzione?
Un romanzo furbo che attinge a piene mani negli stereotipi del noir e cerca lettori con una trama fondata sulle paure più diffuse, anche perché enfatizzate dai media, nell'Italia contemporanea. Un pregio:la curiosità che avvince il lettore fino alla conclusione della storia.
Giudizio sintetico: Leggibile