martedì 5 febbraio 2019

Lo schiavo del manoscritto

di Amitav Gosh, Neri Pozza

Una lunghissima analisi storiografica intrecciata con l'esperienza mediorientale dello studioso che svolge la ricerca. Gosh abbandona il romanzo per intraprendere una lunga passeggiata, tra gli anni '80 e il XII secolo, all'inseguimento dei viaggi di un ricco mercante ebreo e del suo schiavo. Interessante dal punto di vista etnografico, soffre però della lentezza imposta dall'argomento trattato.

Un'area geografica e un periodo storico poco studiati in Europa fanno da sfondo alla ricerca di uno studioso (lo stesso Gosh) che insegue, basandosi su documenti raccolti in modo frammentario, le vicende di un mercante ebreo, Abraham Ben Yiju, e del suo misterioso schiavo, che dal delta del Nilo si spostarono sulla costa occidentale dell'India nel XII secolo. Il racconto alterna le esperienze di Gosh nei due piccoli villaggi che fanno da sfondo alla ricerca documentale – con il corollario di diffidenza e superstizione che contornano la miseria semplice e onesta degli abitanti – alle vicende confuse di Ben Yiju e dello schiavo, che si perdono nei mille rivoli di una storia basata su documenti frammentari e spesso  danneggiati o smarriti, in un'area geografica che delimita due estremità dell'Oceano Indiano. Ne esce un quadro a tratti interessante dal punto di vista storico, ma che soffre della mancanza di un filo conduttore univoco capace di mantenere intatto l'interesse del lettore per tutte le numerose pagine che costituiscono l'opera. Impressionante il numero delle note bibliografiche, che occupano ben 35 pagine.

Giudizio sintetico: Archivistico

Nessun commento: