di Amin Maalouf, Bompiani

Non è un vero e proprio romanzo, questa lunga e meticolosa ricerca delle proprie radici patronimiche. Filo conduttore del racconto la vita di Botros, nonno paterno dell'autore; un'esistenza contraddistinta da una forte indipendenza culturale e da un laicismo illuminista originali per i tempi e i luoghi in cui ha vissuto (la zona vicina a Beirut, alla fine del XIX secolo). Insegnante, poeta, uomo d'affari, Botros finisce per scontrarsi con il mondo bigotto del suo tempo, districandosi con autorevolezza tra i fragili equilibri familiari e religiosi che intrecciano le chiese cattolica e protestante e coinvolgono i membri della sua comunità. Il maturo e già noto Amin Maalouf si lascia trascinare in un viaggio attraverso i continenti alla ricerca di una storia familiare per lui sconosciuta, guidato solo da una valigia piena di antiche lettere inviate e ricevute, obsoleto ma ancora affascinante vaso di Pandora comunicativo di un tempo invariabilmente destinato all'oblio. Non il più avvincente libro di Maalouf, se paragonato a Leone l'africano o a Il manoscritto di Samarcanda, ma una lettura sicuramente interessante per lo stile raffinato e la rigorosa ricerca storica cui lo scrittore ci ha ormai abituati.
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