di Giuseppe Culicchia, Mondadori
Dall'autore torinese, una novità che vede l'abbandono della consueta ironia e il confronto con temi familiari e uno stile nuovi. Un padre caduto in disgrazia viene ricordato, con tutto il contesto familiare relativo alla separazione dei genitori, dall'unico figlio che ha con lui mantenuto un blando contatto, anche se sporadico. Sullo sfondo, una passione sconsiderata utilizzata per mitigare una perdita affettiva mai accettata.Giulio è il minore dei due figli di un direttore d'orchestra famoso morto all'improvviso, dopo un lungo periodo di abbandono dei palchi a causa dell'accusa di simpatie neonaziste. Per Giulio l'uomo era però solo il padre che non ha potuto avere a tempo pieno, ma che non si è mai sottratto al desiderio di stare con i figli nei momenti liberi dal proprio lavoro. Nel suo ricordo, durante un viaggio a Berlino in cui deve occuparsi delle varie incombenze legate alle esequie, Giulio compie anche un viaggio a ritroso tra i ricordi propri e i lasciti paterni, alla ricerca delle radici della separazione dei genitori e di quanto ne è conseguito.
Un romanzo impegnato che tratta di un argomento – le ricadute sui figli dei contrasti tra i genitori – sicuramente di interesse generale, ma che riesce a coinvolgere il lettore solo a tratti, anche a causa della scelta di far entrare nel racconto alcuni aspetti storici del nazismo, del quale si presentano persino testimonianze fotografiche sicuramente interessanti, ma delle quali il rapporto con il contesto non sempre è trasparente.