di Jhumpa Lahiri, Guanda
Un romanzo che forse non si può neppure definire tale. Sono più di 40 racconti, brevi o brevissimi, ciascuno con un titolo, in cui si delinea la figura della protagonista, narratrice in prima persona, quarantenne continuamente alla ricerca di una collocazione in un luogo e in una condizione di vita, di un ubi consistam, insomma.La protagonista conduce con garbo il lettore nella sua vita, mantenendo riserbo e pudore nel rivelare il proprio io. Non svela il proprio nome e neppure quello delle persone che entrano nei suoi racconti. Neppure il nome della città, probabilmente Roma, in cui vive, che pure fa da sfondo alle storie dove avvengono diversi incontri significativi, dove a tratti si sente "a casa sua".
La protagonista è una donna che pur avendo diversi amici, sente la propria solitudine, il proprio spaesamento. Il padre, sempre distante da lei e dalla madre, è morto presto, proprio prima di uno spettacolo teatrale cui avrebbero partecipato insieme – padre e figlia – e di cui avevano già comperato i biglietti.
Due volte al mese la giovane donna prende il treno e va a trovare la madre, donna autoritaria e severa durante gli anni della sua infanzia e adolescenza, che ora vive da sola, in un paese, in una condizione di smemoratezza: la protagonista tuttavia proietta ancora su di lei il senso di disagio e di inadeguatezza vissuti con lei in passato.C'è anche un Lui poco definito e comunque poco presente.
Un libro interessante, scritto con una prosa fluida, curata, con un lessico a tratti forse troppo letterario, in cui molte donne , almeno in parte, si possono ritrovare.