mercoledì 6 marzo 2019

Hotel Silence

di Auður Ava Ólafsdóttir, Einaudi

Il protagonista del romanzo, Jonas, lascia l'Islanda, la sua terra, per porre fine alla propria vita e va in un paese lontano, straniero, così che il suo cadavere non possa essere ritrovato dalla figlia. Sceglie un paese in cui è appena cessata una sanguinosa guerra civile. Segni di morte e di distruzione nelle cose e nei sopravvissuti, desolazione e presenza di mine antiuomo. In questo luogo, metafora forse della condizione interiore di Jonas, inizia una lenta rigenerazione.

Un bel romanzo. Una storia, scritta in modo curato e nel contempo semplice, che segue il percorso di un islandese di 49 anni, Jonas; questi, lasciato dalla moglie – che al momento della separazione gli rivela che la loro figlia non è sua figlia biologica – svuotato e privo di punti di riferimento, medita il suicidio. L'idea però che la figlia possa ritrovarlo privo di vita, lo spinge a partire per un paese appena uscito dalla guerra. Con sé un solo cambio di abiti e la cassetta degli attrezzi da cui non si separa, vista l'abitudine di riparare tutto ciò che necessita di un intervento. Jonas giunge all'hotel Silence, gestito da due fratelli sopravvissuti al conflitto, May e Fifì, che cercano di riportare in vita l'attività dell'albergo un tempo fiorente. Con loro il piccolo Adam, figlio di lei, che nei suoi disegni esprime l'orrore che ha vissuto. Di fronte allo strazio delle persone del luogo con cui viene in contatto, Jonas pian piano guarisce le proprie ferite e rimanda il proprio progetto di morte.
Un romanzo malinconico ma positivo che si legge facilmente e che, con semplicità, provoca nel lettore non banali riflessioni sulla vita.

Giudizio sintetico: Palingenetico

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