venerdì 21 settembre 2018

Mi chiamo Lucy Barton

di Elizabeth Strout, Einaudi

La storia di Lucy, una donna con un'infanzia dolorosa e solitaria, raccontata in prima persona da lei stessa diventata scrittrice. Una storia che racconta il passato, attraverso episodi brevi e intensi, con pochi accenni al presente e la consapevolezza che il suo immaginario letterario si nutrirà sempre e solo di questi ricordi. 

La storia di Lucy si snoda intorno a un episodio centrale, avvenuto negli anni '80: la donna, ricoverata in un ospedale di New York, riceve la visita della madre con cui ha interrotto i rapporti da tempo. La madre si ferma ad assisterla per cinque giorni e cinque notti, esprimendo con la sua presenza e la fatica delle ore trascorse su una sedia un amore mai comunicato a parole. Le due donne parlano, ma non di sé o del passato. La madre racconta vicende di persone che Lucy ha conosciuto quando abitava ancora con la famiglia ad Amgash, nell'Illinois, prima di lasciare i genitori e i fratelli per andare a vivere a New York. Non parole su un'infanzia di miseria e solitudine, non sul padre da cui i figli non sono stati difesi. Violenze di cui il lettore intuisce la gravità da pochi accenni.L'incontro con la madre è la chiave della sua vita, che le permette di prendere decisioni coraggiose.
Un bel romanzo, scritto con uno stile secco ed essenziale, senza retorica, in cui aleggia un'atmosfera malinconica, un senso di vuoto che molto dice sulle privazioni affettive vissute dalla protagonista, sulla difficile accettazione di rapporti imperfetti, ma comunque d'amore.

Giudizio sintetico: Viscerale

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