giovedì 5 ottobre 2017

Lettera a una professoressa

di Scuola di Barbiana, Libreria Editrice Fiorentina

A mezzo secolo dalla sua prima pubblicazione, il testo rivoluzionario della piccola scuola di don Milani ha ancora molto da raccontare, anche facendo la tara delle mille e nessuna riforme che hanno colpito – e scolpito – la Scuola italiana. Un testo che tutti hanno impugnato e nessuno ha davvero utilizzato, se è vero che ci sembra ancora attuale, anche se in altri ordini di scuola.

Erano i tempi della scuola con i grembiulini, i maestri con la bacchetta e le voci basse dei genitori che andavano con il cappello in mano a chiedere quanto somari fossero i figli. In apparenza, quindi, tutto il contrario delle scuole attuali, in cui insegnanti spaesati, forse sottopagati, sicuramente maltrattati lottano contro sigle ministeriali incomprensibili sotto lo sguardo di genitori che li trattano con sufficienza. Eppure ...
Eppure ancora oggi non c'è un solo periodo, di questo libriccino corale e accusatorio denso di riferimenti precisi, non c'è una sola pagina che non possa costituire – da sola – un'analisi fredda e sprezzante di un qualche ordine di scuola. Come molti sanno, il libro è diviso nelle due metà della scuola dell'obbligo e delle magistrali, ma basterebbe spostarlo in avanti di un solo ciclo scolastico, o riapplicarlo su diversi indirizzi di scuole superiori (professionale, tecnico, liceo), per verificarne, a distanza di 50 anni e svariate riforme, la spaventosa attualità. Lettera a una professoressa va ovviamente collocato nel tempo, ma se riletto a partire dalla propria esperienza personale, rappresenta ancora oggi un punto di vista con cui ogni insegnante dovrebbe costantemente confrontarsi, per non perdere il contatto con la realtà di una Scuola nella quale a cambiare sono stati più che altro gli studenti e non l'istituzione.
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Giudizio sintetico: Inaffondabile

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