di Alberto Mendez, Guanda
Un libro molto bello, composto da 4 racconti, ognuno con un proprio titolo. Il quarto dà anche il titolo all'intera opera. Le storie si svolgono dalla fine della guerra civile spagnola (1939) ai primi anni del regime franchista. Sono storie di dolore, di morte, di sconfitti. Ma anche i vincitori, se tali possono dirsi coloro che prevalgono su altri uomini, per di più appartenenti al loro stesso Paese, vivranno disorientati, feriti al punto da non riuscire più a vedere il sole, la luce, come "girasoli ciechi".
Quattro racconti, legati tra loro da sottili collegamenti, su personaggi sconfitti. Storie struggenti, come quella che si immagina scritta su un manoscritto ritrovato in una baracca sulla sommità di una collina tra le Asturie e Leon: la storia del poeta in fuga, dopo la guerra, con la sua compagna che muore dando alla luce il loro bambino. Non meno dolorose le altre tre: tutte si concludono però con il riscatto dato da gesti disperati, che sono tuttavia espressione di dignità e di valori vivi nonostante la tragicità delle situazioni.
Narrati in modo sobrio ma intenso, con note liriche ma senza enfasi, i racconti rimangono ben impressi nel lettore anche se il narratore non fa ricorso a immagini o scene orripilanti ed estreme. Il dolore delle vicende di uomini, donne e bambini, che hanno vissuto momenti tragici come una guerra e il regime dittatoriale, costituiscono testimonianze efficaci e forse necessarie. Simboliche in questo senso le parole dell'epigrafe di C.Piera: "Superare vuol dire farsi carico, non voltare pagina o gettare nell'oblio... Il lutto vuol dire rendere nostra l'esistenza di un vuoto."
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