di Vittorio Zucconi, La Repubblica ed.
Libro postumo uscito poco dopo la scomparsa del giornalista, può essere considerato come un lascito che riunisce i principali avvenimenti storici e familiari che ne hanno influenzato l'esistenza e l'attività professionale. Con il caratteristico stile che lo ha sempre contraddistinto, Zucconi riesce a raccontare la società e i grandi avvenimenti storici partendo da piccole esperienze personali, in questo caso ancora più private di quelle raccontate in passato.Gli oggetti, i personaggi, gli avvenimenti degli ultimi 60 anni scorrono in questi brevi ma intensi ricordi di un giornalista che ha avuto diverse vite. Si va dall'ottimismo degli anni '50-'60, evidenti nel ticchettio della "Lettera 22", la macchina per scrivere resa famosa da Indro Montanelli e che ha scandito le sere dello Zucconi bambino – abituato a sentirla ogni sera prima di addormentarsi sotto le dita del padre giornalista –, all'elmetto indossato da una Oriana Fallaci che anche in guerra non rinuncia alla sua consueta acidità con un collega più giovane; dagli aerei presi al seguito di diversi presidenti USA – eletti e non – e tratteggiati nelle loro caratteristiche più umane che politiche, all'amore per le auto e i pericoli che ne conseguono; e ancora, la trasgressione delle videocassette betamax nella Russia sovietica, l'impegno richiesto dall'avere un cane e molto altro. Come un mosaico, piccoli e grandi oggetti ed esperienze che nel loro insieme concorrono a raccontare la storia di un uomo che ha vissuto in tre continenti ma che li ha girati tutti, e del quale mentre ci descrive il mondo riusciamo a intravedere anche la parabola familiare da figlio a padre, a nonno, in un percorso sempre condizionato dal "destino da giornalista" profetizzato a un piccolo visitatore da un linotipista attento quando ancora la stampa dei quotidiani odorava di piombo fuso.
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