di Delphine de Vigan, Einaudi
Un romanzo breve e intenso sui rapporti dolorosi e a volte devastanti tra adulti-genitori e insegnanti e adolescenti. Spiega l'autrice nella prima pagina del romanzo: "Le fedeltà invisibili. Sono fili che ci legano agli altri, (...) parole d'ordine accettate senza averle comprese (...) i valori per cui lottiamo, i principi indecifrabili che ci tormentano e ci imprigionano..". Vincoli che a volte diventano catene, ragnatele che ci avviluppano.Parigi, oggi. Theo, un ragazzino di 12 anni, ha i genitori separati. Affido condiviso, per cui trascorre una settimana a casa di uno e una settimana a casa dell'altro. La madre detesta l'ex marito e non vuole sapere niente dei giorni in cui il figlio vive dal padre; quest'ultimo, persi il lavoro e la nuova compagna, caduto in una depressione terribile, imbottito di psicofarmaci, chiede al figlio di non rivelare a nessuno le condizioni in cui vive. Pena non poter più stare insieme. Theo, lacerato dalla situazione, cerca di anestetizzarsi bevendo di nascosto quantità sempre maggiori di alcolici. Se ne accorge solo l'amico Mathis, che mantiene una silenziosa complicità. Non i genitori, troppo chiusi nelle proprie difficoltà, né gli insegnanti, che notano solo lo scarso rendimento scolastico. Una sola docente, Hélène, segnata da un'infanzia difficile, intuisce che dietro al comportamento del ragazzo c'è una storia di violenza. Come a dire che a comprendersi sono solo gli omologhi dalle esperienze simili. Gli altri? Indifferenti, estranei e – spesso – giudicanti.
Romanzo teso, scritto con una prosa essenziale e disadorna, con un finale aperto che può dispiacere al lettore desideroso di sapere "come va a finire". Forse l'autrice sa come drammaturgicamente deve concludersi questa dolorosa storia, ma vuole lasciare al lettore la possibilità di salvare il suo personaggio.
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