di Andrea Inglese, Ponte alle grazie
È una marea montante di parole, questo atto d'amore per la capitale francese e per le sue abitanti, dalla chiarissima impronta autobiografica, anche se non apertamente dichiarata. Già la Jean Seberg maliziosamente occhieggiante dalla copertina lascia intendere quale sarà il tema dominante: la scoperta della città francese attraverso l'esperienza del fascino delle donne e la perdita delle "abitudini", ingombrante zavorra che lo scrittore di origine milanese si lascia alle spalle.Una scrittura difficile e ipotattica, che scava a fondo nell'anima dell'io narrante, ma che non manca di lasciarsi andare a divagazioni oniriche come a riflessioni profonde sull'esistenza in generale. Motivo trainante, il trasferimento prima temporaneo, poi definitivo, del giovane Andrea, in fuga dalla "abitudinarietà" di Milano. Nella capitale francese il giovane italiano assaporerà la leggerezza della "pariginità", maturando svagato tra amori complessi o stravaganti, calato in un mondo che fa della propria originale interpretazione della città il manifesto della sua stessa esistenza. Riflettendo continuamente sulla ricerca del proprio posto nel mondo e sulla vita in generale, Andrea Inglese mette in scena sé stesso con una prosa martellante e a tratti ironica, comunque mai banale, tra episodi goliardici e crisi esistenziali e affettive, talvolta eccessivamente autoriflessive o particolarmente agganciate all'esperienza personale.
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