di Ohran Pamuk, Einaudi
Un romanzo introspettivo, che racconta lo smarrimento delle speranze giovanili e l'eguale incapacità di dar seguito ai sogni in due diverse età divise da un salto generazionale. Il Nobel turco riesce a incuriosire con un racconto a più voci ricco di forte emotività, ambientato alla fine anni '70, in una Turchia divisa politicamente e ancora incapace di gestire un turismo in rapida ascesa. Dispiace che il tempo e il luogo, e soprattutto la differenza culturale e storica dall'Occidente rendano l'atmosfera generale un po' distante.Fatma è una novantenne acida ed egoista, chiusa in una grande casa decrepita situata in una località balneare emergente. Vive e dorme poco e male, accudita da un nano, figlio illegittimo del suo defunto marito, un medico alcolizzato che ha dedicato la vita a scrivere un'enciclopedia. Ogni estate la casa ospita i tre nipoti, che incarnano diversi caratteri e nutrono diverse speranze: Faruk, professore di storia grasso e alcolista che vuole perdersi nel passato e che ripercorre i tragici fallimenti del nonno e del padre; Nilgün, una ragazza bella e progressista che vive il presente e ne incarna le speranze; Metin, un giovane concreto desideroso di costruirsi un futuro che lo affranchi dai problemi economici che gli impediscono di entrare a pieno titolo nel mondo dei ricchi. Attorno a loro un carosello eterogeneo: giovani edonisti sempre alla ricerca di nuovi stimoli, incapaci di assumersi qualsiasi resonsabilità; il nano Recep, votato al servizio degli altri; il rabbioso Hasan, sognatore catturato da ideali fascisti; nei ricordi di Fatma assume un ruolo da protagonista persino il ricordo della follia vitale del nonno, origine dei vari problemi economici familiari. Tutti parlano in prima persona, ad eccezione di Nilgün, quasi che Pamuk non abbia voluto intenzionalmente dare voce propria alle speranze del presente.
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