mercoledì 1 aprile 2020

La masseria delle allodole

di Antonia Arslan, Rizzoli

Al centro del romanzo il genocidio degli Armeni. Durante il primo conflitto mondiale, i Giovani Turchi decidono di ripulire il Paese da questo popolo, di "estirpare un bubbone" in modo tale che non rimanga neppure un Armeno, che, altrimenti, si sarebbe poi vendicato. Uno dei genocidi del '900, meno conosciuto di altri ma altrettanto feroce. La narratrice racconta la storia di una famiglia armena, la sua, una storia che suo nonno, in vecchiaia – in un'età in cui la nostalgia è più intensa – le ha trasmesso.

Anatolia, 1915. La famiglia Avakian, il cui capo indiscusso è Sempad, vive in una piccola città del territorio armeno, nella grande casa abitata da zii, cugini e parenti vari. Nella campagna vicina si trova, vicino alle cascate, la masseria delle allodole, la bella casa di campagna in cui fervono i preparativi per l'imminente arrivo di Yervant (nonno della narratrice), fratello di Sempad, che ha lasciato da ragazzo la casa paterna per andare a studiare nel collegio armeno di Venezia e ora vuole, insieme alla propria famiglia, rincontrarsi con i suoi e con la sua terra. Un incontro che non potrà mai avvenire. L'Italia decide infatti di entrare in guerra e chiude le frontiere, mentre i "Giovani Turchi" vogliono costruire una Grande Turchia depurata dalle minoranze etniche.
La prima parte del romanzo racconta la strage degli uomini armeni, i primi che devono essere eliminati. La descrizione non è priva di particolari raccapriccianti dai quali emerge la ferocia degli uomini; la seconda parte narra la deportazione delle donne, dei bambini e degli anziani fino al deserto di Des-es-zor: un lungo cammino segnato da stenti, stupri di donne e bambine ad opera delle guardie (gli zaptié), e gli attacchi dei curdi. Si stagliano le figure di donne forti, eroiche loro malgrado, nello sforzo di difendere in ogni modo i propri figli.
Una pagina tra le più terribili della storia novecentesca, che il romanzo ha il merito di mostrare nella sua crudeltà e nella sua follia. Lo stile della narrazione tuttavia è involuto e complesso per cui la lettura è difficoltosa e poco fluida anche perché la narratrice introduce nel corso del racconto parti in corsivo contenenti commenti e anticipazioni di vicende che si svolgeranno in futuro.

Giudizio sintetico: Funesto

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