martedì 30 ottobre 2018

Il libro nero

di Orhan Pamuk, Einaudi

Un libro oscuro e disordinato, imperniato sulle riflessioni di un protagonista che vaga smarrito in una Istanbul caotica e viva, vero nucleo narrante e unico filo conduttore di una vicenda che fa solo da blando collante per riflessioni psicologiche sull'essere se stessi. L'ambientazione in una città simbolo del passaggio tra Oriente e Occidente, in un periodo storico di forte movimento sociale (gli anni '60/'70), rendono ancora più difficile seguire il Nobel turco in questa Odissea cittadina estremamente confusa.

Tutta Istanbul viene prima o poi tracciata e battuta da Galip, giovane avvocato alla ricerca della moglie-cugina che lo ha abbandonato con un breve messaggio di sole diciannove parole, scritto con una biro verde. Biro verde che è anche la nota distintiva del fratellastro di lei, un noto editorialista di costume che risulta scomparso lo stesso giorno. Proprio rileggendo gli articoli scritti dal cognato-cugino e rivoltando la città come un calzino, Galip spera di ritrovare la moglie, man mano riflettendo con una serie di circonvoluzioni eterogenee: sull'Io, sul desiderio di farsi apprezzare dagli altri, sul desiderio di essere diversi da quello che lo specchio ci rimanda. Nei vari personaggi che incontra, sui loro volti, il protagonista tenta di leggere una qualche traccia che gli permetta di ritrovare i due scomparsi, ma finisce per rigenerare soprattutto se stesso, attraverso lo sguardo proprio, degli altri, e della città dei due mondi. Complesso e non di facile lettura, fa attendere a lungo un epilogo che sembra non arrivare mai.

Giudizio sintetico: Ermeneutico



lunedì 29 ottobre 2018

Utopie minimaliste

di Luigi Zoja, chiarelettere

Ernesto Che Guevara, un mito del secolo passato, un eroe che porta a compimento il suo destino quando trova la morte sulle montagne della Bolivia mentre prova ad accendere anche in quel paese la fiamma della rivoluzione. Cambiare tutto con la violenza, dal basso: è davvero questa la strada per arrivare ad una società più giusta e ad un uomo nuovo?

Sovvertire con la violenza un ordine sociale ingiusto coltivando il sogno di riuscire a dar vita ad un  "uomo nuovo", per approdare invece ad una società altrettanto ingiusta e manchevole uccidendo, e per sempre, ogni sogno utopico e ogni speranza in un mondo più giusto e solidale. Questo il risultato di ogni rivoluzione massimalista, sostiene in maniera convincente lo psicanalista junghiano Luigi Zoja in Utopie massimaliste, un libro di qualche anno fa assolutamente non invecchiato; anzi, visto come va il mondo, di strettissima attualità. Cambiare il modello sociale dimenticandosi però dell'individuo, illudersi, attraverso il processo collettivo della rivoluzione, di mettere le basi di un mondo nuovo, è "una contraddizione in termini" scrive Zoja. E dunque il nostro inevitabile destino è quello di non poter mai trasformare nulla, di essere costretti a vivere per sempre in questo mondo ingiusto? L'unica possibilità, secondo lo psicanalista autore del libro, è quella di cambiare prima l'uomo potenziando ciò che ha già dentro, cioè, in altre parole, dando vita al minimalistico processo di "individuazione". Cambiare se stessi per poter cambiare il mondo, un percorso inverso rispetto a quanto avvenuto nel comunismo reale che si è illuso che fosse sufficiente cambiare il modello economico per trasformare il modo di essere dell'uomo.

Giudizio sintetico: Rivoluzionario

mercoledì 24 ottobre 2018

Prigionieri del presente

di Giuseppe De Rita e Antonio Galdo, Einaudi

In che mondo viviamo? Viene da chiedersi, se ai nostri giorni i versi di Orazio " Carpe diem, quam minimum credula postero" siano tradotti con la frase "Acchiappa tutto fin che puoi, fregandotene degli altri, tanto non sai se domani ci sarai ancora". Che mondo è questo, in cui non esiste più alcuna etica e i valori sono pallidi fantasmi considerati retaggio del passato?

Giuseppe De Rita, presidente del Censis e autore, qualche anno fa, di L'eclissi della borghesia, un testo fondamentale per comprendere la storia dell'Italia repubblicana dall'ultimo dopoguerra ad oggi, nell'ultima opera si confronta, sempre insieme al giornalista Antonio Galdo, con importanti problematiche di carattere antropologico, economico e politico. Assolutamente consigliabile leggere i capitoli dedicati alla morte del tempo inteso come divenire di una continuità. Nel t
empo liquido di oggi infatti non ci sono più né passato né futuro, siamo entità autocentrate costrette a vivere istante dopo istante nell'eterno presente del mondo digitalizzato e di un sapere frammentato. Una situazione irreversibile? L'unico antidoto è mantenere vivo il senso critico, attaccato però da ogni lato dall'omogeneità digitale.

Giudizio sintetico: Resistenziale

Canto della pianura

di Kent Haruf, Rizzoli

Un canto americano al cento per cento, in un Colorado noioso e piatto, teatro di una capacità narrativa che riesce a rendere interessante anche il nulla del narrato. Storie semplici, che hanno come unico filo conduttore la stessa appartenenza geografica e niente altro, ma che riescono comunque a far arrivare il lettore all'ultima pagina con un tocco intimista leggero e ben calibrato.

Tre storie, tre protagonisti quasi per nulla collegati tra loro, ad eccezione del fatto che vivono nello stesso piccolo paese – inventato – del Colorado e che in parte sono della stessa famiglia: Tom Guthrie, insegnante e fattore, reduce da una separazione e preso di mira dai genitori ignoranti e iperprotettivi di uno studente indisciplinato; i suoi due figli Ike e Bobby, gemelli mancati, che si muovono silenziosi in un paese desolato e arido come un paesaggio di Cormack Mc Carthy; Victoria, un'adolescente incinta che, scacciata di casa, si trova a dover convivere con due fratelli solitari che nella vita hanno solo accudito il loro bestiame. Un mondo che trascina la quotidianità di un'attività rurale che ruota attorno alle stagioni, in un'America profonda che affronta la contraddizione di un mondo che cambia aggirandosi in un territorio che invece sembra non cambiare mai. Saranno i gesti d'amore dei protagonisti a dare un senso e un legame a queste storie-non storie.

Giudizio sintetico: Poetico

mercoledì 17 ottobre 2018

Homo stupidus stupidus. L'agonia di una civiltà

di Vittorino Andreoli, Rizzoli

Una riflessione colta e impegnativa sull'agonia di una civiltà, la nostra, in cui l'uomo da sapiens sapiens diventa stupidus stupidus.

Immaginiamo di essere sul lettino di uno psicanalista. Uno importante, famoso, di cui ci fidiamo. Siamo lì per parlare del nostro disagio esistenziale, un disagio profondo, che ci impedisce di vivere bene. Raccontiamo fatti, parliamo di sentimenti, facciamo domande. Vorremmo stare meglio, essere rassicurati e curati. Pendiamo dalle sue labbra. Quando lo psicanalista inizia il suo discorso, siamo presi dallo sconcerto: Platone, Gesù Cristo, l'Umanesimo e poi Giambattista Vico, Charles Darwin, Karl Marx, Sigmund Freud, cioè la summa della cultura e del sapere dell'Occidente. Ecco, questo è Homo stupidus stupidus di Vittorino Andreoli, una lunga seduta psicanalitica in cui il lettore, nel ruolo di paziente, trova nelle parole del libro le spiegazioni al suo disagio.
Diviso in tre parti, intitolate rispettivamente La distruttività, La caduta dei principi, L'uomo senza misura, il testo di Andreoli annuncia, senza acrimonia ma con malinconia, la fine della nostra civiltà, iniziata circa duemilacinquecento anni fa in Grecia. Ad ucciderla una sola cosa: la stupidità umana.

Giudizio sintetico: Filosofico

Un romanzetto lumpen

di Roberto Bolaño, Adelphi

Lumpen: nell'accezione più diffusa, "sottoproletariato". E proprio in questo ambiente depresso e senza speranza si muove una protagonista smarrita ma dotata di grande carattere, che si lascia scorrere addosso la vita senza aspettarsi nulla. Un raccontino breve e pietoso, imperniato su un gruppo di non adulti ancora in grado di stupirsi davanti ad un quiz televisivo e che ricorda molto alcune ambientazioni pasoliniane.

Un romanzo breve commissionato allo scrittore argentino nell'ambito di una collana sulle principali città del mondo: Bolaño scelse Roma per ambientare la storia dell'adolescenza di Bianca, che poco più che ragazzina deve abbandonare la scuola per mantenere sé stessa e il fratello, improvvisamente rimasti orfani a causa di un incidente in cui hanno perso entrambi i genitori. Trovato lavoro in un negozio di parrucchiere, Bianca dopo qualche tempo si trova in casa anche due amici del fratello, con i quali instaurerà un rapporto distaccato, alternandoli nel suo letto ma non dando loro quasi nessuna confidenza. Saranno i due uomini a proporle di commettere, tutti assieme, un crimine ai danni di un divo dei film peplum ormai cieco, Maciste, con il quale Bianca instaura il rapporto forse più complesso che abbia mai avuto con un altro essere umano e che la obbliga a compiere delle scelte
. Ultimo scritto dell'autore prima della sua morte, rimane comunque un valido assaggio dell'opera di questo particolare narratore sudamericano.

Giudizio sintetico: Pasoliniano

Pronti a svanire

di Roger Hobbs, Einaudi

Seconda e ultima avventura del personaggio "ombra" inventato dallo scrittore americano morto prematuramente nel 2016. Leggermente più appassionante del precedente ("L'ombra"), è un noir tutto imperniato sulla capacità del protagonista criminale, e della sua particolare maestra, di alterare postura, abbigliamento e carattere per ingannare i propri avversari. Location asiatica e particolare attenzione ai dettagli, è piacevole solo per gli amanti del genere.

Questa volta Jack deve lasciare la sua nuova copertura di giocatore professionista per correre in aiuto di Angela, la sua mentore, che è rimasta invischiata in una rapina finita male: il carico di zaffiri di contrabbando cui dava la caccia è sparito insieme ad un bottino ancor più impegnativo, qualcosa che rende pericoloso solo conoscerne l'esistenza. Ed è un killer spietato a dare la caccia ad Angela, che per sparire può contare solo sull'unico individuo di cui si possa fidare e che lei stessa ha addestrato: Jack, appunto. Una trama classica nel genere, ma declinata con una certa verosimiglianza e una buona cura del dettaglio, nonostante alcune iperboli narrative (come la procedura di riconoscimento in macchina) proprie del genere.

Giudizio sintetico: Camouffage

venerdì 12 ottobre 2018

Come una famiglia

di Giampaolo Simi, Sellerio

In questo secondo libro con protagonista Dario Corbo, l'ex giornalista deve indagare su una serata tragica di cui è stato partecipe il proprio figlio, accusato di un episodio di rara violenza. Anche se ormai la famiglia - almeno nel senso più tradizionale del termine - sembra essersi disfatta, sono molti i richiami del libro a vincoli culturali e affettivi di tipo para-familiare: la squadra di calcio, la fedeltà al lavoro, l'amicizia dopo la fine di una vita di coppia per il bene dei figli. Un noir complesso con un'indagine strana che vede riaffiorare come comprimarie molte figure già conosciute ne "La ragazza sbagliata".

In Versilia, Dario Corbo ha lasciato la sua attività di giornalista per assumere l'incarico di addetto stampa (ma non solo) di una fondazione che si occupa delle misteriose opere d'arte di un artista famoso ormai defunto. Non ha più una famiglia, ma ha ancora un legame con l'ex-moglie grazie all'affetto che entrambi riversano sull'unico figlio, una promettente stella del calcio che sembra sul punto di compiere il grande salto verso un'attività professionistica di livello. Di colpo, tutto gli crolla addosso quando il ragazzo viene accusato di aver stuprato e quasi ucciso di calci e pugni una ragazza su una spiaggia, durante una festa per una vittoria importante. Il giovane nega tutto, ma molti indizi portano a lui e impongono al padre di attivarsi per cercare di capire cosa sia veramente successo e perché una ragazza dal volto distrutto insista a dire che a rovinarla e ad abusare di lei sia stato quel figlio con il quale Corbo pensava di avere un rapporto leale e responsabile e che invece sembra tacere troppe cose.

Giudizio sintetico: Responsabile

martedì 2 ottobre 2018

Fai piano quando torni

di Silvia Truzzi, Longanesi

L'incontro di due donne molto diverse per età, estrazione sociale, livello culturale, è l'inizio di un percorso di trasformazione di entrambe e di crescita per la più giovane delle due. Un tema non originale, per un romanzo di formazione al femminile.

Margherita, trentaquatrenne avvocata di Bologna, viene ricoverata  in ospedale in seguito ad un grave incidente stradale. Anna, più che settantenne, è la sua compagna di camera. Una conoscenza fortuita in un momento in cui Margherita non ha voglia di stabilire contatti con nessuno. In realtà non ha voglia di vivere. Ha perso il padre da otto anni ma non ha superato il lutto, è stata lasciata da poco dal fidanzato, Francesco, di cui è ancora innamorata. Forse lo stesso incidente, motivo del suo ricovero, non è stato poi casuale. La voglia di vivere di Anna, la sua storia di una vita di lavoro e di fatiche, la corrispondenza che ha mantenuto con un grande amore del passato, la coinvolgono e la spingono a guardarsi dentro e a fare i conti con se stessa.
Una storia un po' scontata, a tratti, soprattutto nella seconda parte dell'opera,  non lontana da quei romanzi Harmony più volti citati nel romanzo, che tuttavia si fa leggere per l'ironia e la leggerezza dello stile e per un'attenzione al dato psicologico non approfondita ma comunque coinvolgente.

Giudizio sintetico: Resiliente